La volontà di Potenza, in questo caso, non è un concetto filosofico. Ma è il desiderio di provare a divertirsi oltre le attese. In una condizione privilegiata: sono gli altri a dover vincere a tutti i costi. Però il Potenza di Pietro De Giorgio è reduce dal colpaccio di Catania e ha perso solo una delle ultime 13 partite, arrampicandosi fino al quarto posto del girone C (a meno cinque dalla vetta). E nell’immediato c’è ulteriore prospettiva di crescita, visto che domenica al Viviani arriva il malandato Messina. Rispetto alla passata stagione, sono nove i punti in più a fine girone d’andata. Con una squadra che costa meno e ha innegabilmente beneficiato di alcuni cambiamenti estivi. Ma non si può parlare di rivoluzione, a partire da tre punti fermi.
La doppietta di Catania ha spinto Salvatore Caturano a quota 12 gol in 15 partite. La media, uno ogni 104’, certifica come il centravanti napoletano si sia rigenerato rispetto all’ultima annata. Quando 12 gol (con molti alti e bassi) li aveva segnati in totale, compresi i due determinanti per salvare il Potenza ai playout. In estate il suo ciclo in Basilicata sembrava finito, poi la decisione (complice un contratto fino al 2026, per un 34enne…) di proseguire il rapporto. Con la fascia al braccio, certificazione di una leadership alimentata da 42 gol totali segnati in due stagioni e mezza. Ad andare in B, tra l’altro, Caturano sa come si fa: due promozioni di fila con Lecce ed Entella, tra il 2017 e il 2019. Sembravano gli anni d’oro della carriera, prima di scoprire l’attuale seconda giovinezza.
Ma l’artefice di un eccellente lato A di stagione è il protagonista più inatteso. Pietro De Giorgio – ex ala da oltre 200 presenze in B, quasi tutte col Crotone – si ritrova a 41 anni a vivere la prima stagione da allenatore “vero”. Senza avere, alla resa dei conti, un curriculum di spessore. Nello scorso campionato, era partito in seconda linea per finire nel frullatore di varie esperienze: vice su una panchina bollente, poi traghettatore, nel mentre anche alla guida della Primavera. Di tutto un po’, come capita a quei tecnici ritenuti uomini del club e non legati agli staff che vanno e vengono. Fino a concludere lui stesso la stagione, dopo l’ultimo esonero (quello di Marchionni, prima erano saltati anche Colombo e Lerda). Salvando il Potenza ai playout, in un bivio delicato anche per la sua carriera. Ora che ha il vento a favore, De Giorgio comunque non dimentica: “Senza la fiducia di questa società, non sarei già arrivato ad allenare a questi livelli”. Tutto vero. E va dato atto anche a un’intuizione, quella dell’ex direttore sportivo Fortunato Varrà: De Giorgio l’ha portato lui, intuendone le doti da allenatore in costruzione, magari non immaginando potesse sbocciare così presto. L’ha protetto dalle intemperie rinnovandogli anche il contratto, lasciando così in eredità al club l’insospettabile allenatore del futuro. Che ama disegnare la squadra col 4-3-3 e i rischi che il sistema comporta, specie quando finalizzato alla costante costruzione. Compresa quella dal basso, portata avanti anche dopo qualche incidente di percorso.
Se il Potenza può provare a togliersi qualche sfizio, in ogni caso, è anche grazie alla solidità trasmessa da un imprenditore che aveva preso il club nel 2022 ammettendo di non saperne molto di calcio, ma allo stesso tempo promettendo risultati immediati. Corto circuito inevitabile. Poi Donato Macchia – che lavora nelle energie rinnovabili e nell’editoria, tra i vari interessi – ha preso le misure (a sue spese) di un mondo in cui non si può improvvisare. E si è affidato in estate a un nuovo architetto per la costruzione del suo progetto. Enzo De Vito ha sognato la Serie A all’Avellino – era lui il d.s. ai tempi della semifinale di Bologna, nel 2015 – e abbina l’esperienza alla voglia di rilanciarsi. A gennaio, a lui e alla proprietà, la piazza chiede un paio di innesti mirati per giocarsela fino in fondo, alla ricerca della migliore posizione possibile nei playoff. Difficile tirarsi indietro, infatti, nel girone delle outsider. Chiedere anche a Monopoli e Cerignola, che a guastare la festa alle big ci hanno preso gusto.
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