Da novembre a gennaio l’acqua nell’invaso artificiale del Camastra, in Basilicata, era stata prosciugata dalla siccità. Poi a metà gennaio il livello dell’acqua è risalito all’improvviso. Dopo un paio di giorni di nevicate e altrettanti di piogge che hanno sciolto la neve e ingrossato i corsi d’acqua che finiscono nel lago, il volume è risalito fino a 4,5 milioni di metri cubi.

Anche se la quantità di acqua era molto inferiore a quella di un anno fa nello stesso periodo, il commissario straordinario per l’emergenza idrica e presidente della Regione, Vito Bardi di Forza Italia, ha consentito ad Acquedotto Lucano, la società pubblica che gestisce la rete idrica in tutta la Basilicata, di tornare a utilizzare l’acqua del lago per alimentare le condutture di 29 comuni della zona, tra cui il capoluogo Potenza. Ha inoltre sospeso il razionamento dell’acqua negli stessi comuni, che andava avanti da settembre dalle 18:30 alle 6:30.

Il 21 gennaio, in un’audizione alle commissioni Ambiente e Bilancio della Camera, ha poi annunciato una serie di misure per evitare che la prossima estate ci sia una nuova crisi idrica.

Il piano si può riassumere in tre punti: aumento della capacità dell’invaso, collegamento con altri bacini idrici e sostituzione delle condutture per ridurre la dispersione idrica. Il commissario ha chiesto al ministero delle Infrastrutture di poter aumentare di due milioni di metri cubi la capacità dell’invaso, che fu creato negli anni Settanta per fornire acqua potabile e per l’irrigazione nei paesi della zona. Il lago ha una capienza complessiva di 32 milioni di metri cubi di acqua, ma ne può contenere al massimo 9,3 milioni. Nel 2019 l’Ufficio tecnico dighe di Napoli, che dipende dal ministero delle Infrastrutture, impose all’ente regionale che lo gestiva di ridurne l’utilizzo perché la diga, inaugurata nel 1971, non aveva i requisiti di sicurezza necessari in caso di terremoto. Il lago in quel momento aveva 20 milioni di metri cubi di acqua e i gestori furono costretti a svuotarne una parte.

Da allora, ogni volta che il livello dell’acqua sale troppo vengono aperte le paratie per farla defluire. «L’invaso è stato fatto per conservare l’acqua, ma non si riesce a farlo», dice il sindaco di Brindisi Montagna Gerardo Larocca, che è anche presidente per la Basilicata dell’ANCI (Associazione nazionale dei comuni italiani). A suo parere, «se non si risolve questo problema quando quest’estate tornerà la siccità rimarremo di nuovo senz’acqua».

Dopo mesi di siccità, nel 2024, a novembre c’erano appena 420mila metri cubi d’acqua e in gran parte del lago c’era solo fango rinsecchito. Il prosciugamento del Camastra aveva provocato una grave crisi idrica nei paesi che si trovano sul complesso delle cosiddette Dolomiti lucane, montagne dalla morfologia simile a quella delle più celebri Dolomiti alpine. L’Acquedotto Lucano aveva interrotto la distribuzione per dodici ore al giorno e l’amministratore unico della società, Alfonso Andretta, aveva invitato i sindaci a emettere ordinanze per vietare l’uso di acqua potabile per annaffiare, lavare oggetti, riempire piscine e fontane.

Alla fine di ottobre il Consiglio dei ministri aveva nominato Bardi commissario straordinario per l’emergenza. Acque del Sud, una società del ministero dell’Economia che dal primo gennaio del 2024 gestisce l’invaso, aveva scavato una conca profonda tre metri per raccogliere la poca acqua rimasta e ci aveva costruito sopra un sistema di pompaggio galleggiante, chiamato dai cittadini «lo zatterone». Le pompe la prelevavano per farla arrivare all’Acquedotto Lucano. Nonostante queste misure, un mese dopo il lago era completamente secco.

«Sollevare acqua dal Camastra, con 4 impianti che operavano in serie, è stata un’operazione complessa e altamente energivora, una delle voci di spesa più alte per Acquedotto Lucano», dice Salvatore Gravino, dirigente della società. Per evitare una sospensione totale delle forniture idriche che avrebbe lasciato senza acqua migliaia di cittadini, il commissario aveva fatto posare un tubo per prelevare l’acqua dal fiume Basento, che passa nella zona, e portarla fino alla diga. Da lì veniva inviata a un impianto di potabilizzazione e poi nella rete idrica. Questi interventi sono costati 3,7 milioni di euro all’Acquedotto Lucano e altri 200mila euro alla Protezione civile.

La scelta di far arrivare a 140mila cittadini lucani l’acqua del Basento aveva però provocato molte proteste, perché nel fiume finiscono gli scarichi di due aree industriali e in passato ci furono indagini giudiziarie sugli sversamenti abusivi di alcune fabbriche. Le analisi dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPA) della Basilicata e della Puglia hanno stabilito che l’acqua del Basento, una volta trattata negli impianti di potabilizzazione, si può bere.

Il piano del commissario prevede di collegare il lago Camastra con i bacini idrici dell’Alta Val d’Agri e del lago Pantano, sempre in Basilicata. L’Acquedotto Lucano sta invece riparando le falle nelle condutture, che disperdono, secondo la relazione di Bardi alla Camera, il 53 per cento dell’acqua immessa nei 13mila chilometri di rete idrica in Basilicata. Le perdite sono state quantificate in 12,25 metri cubi per chilometro al giorno. «Le reti, molte delle quali vetuste, sono state gestite con una logica basata sulla riparazione dei guasti, piuttosto che su un piano di sostituzione programmato», ha detto Bardi.

Gravino ha spiegato che i tecnici di Acquedotto Lucano stanno sostituendo le condotte più malridotte «per ridurre le perdite», utilizzando fondi del Piano nazionale di resilienza e ripresa (PNRR) finanziato con fondi europei. I primi lavori sono stati fatti a Brindisi Montagna, dove si perdeva una parte consistente dell’acqua del Camastra prima di arrivare al potabilizzatore di Masseria Romaniello, a Potenza. Inoltre, la società che distribuisce l’acqua in Basilicata sta cercando nuove fonti di approvvigionamento.

Sezione: La Voce della Basilicata / Data: Mar 04 marzo 2025 alle 17:37 / Fonte: ilpost.it
Autore: Redazione
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