Mancavano poco meno di 149mila euro per raggiungere l’obiettivo. Una cifra importante, ma non certo irraggiungibile per una città che spesso ama definirsi, con orgoglio e retorica, la 13ª d’Italia. Eppure Messina non è riuscita a raccoglierla. Ammesso che fosse stata sufficiente per salvare il calcio a Messina e non solo un palliativo. Una sconfitta che non appartiene solo all’Acr, ma all’intera comunità: dalle istituzioni all’imprenditoria, passando per chi avrebbe potuto fare di più. Ma qui la colpa è all'origine, inutile girarci in giro.

Gli errori della famiglia Sciotto, in otto anni di gestione complessa e spesso solitaria, sono stati numerosi. L’ultima scelta, quella di cedere il club all’Aad Invest Group, si è rivelata fallimentare. Una realtà priva di basi solide, incapace di rispettare le promesse fatte pubblicamente a Palazzo Zanca e, soprattutto, di immettere liquidità. Così, anche le ultime due gare di campionato contro Foggia e Juventus Next Gen rischiano di trasformarsi in passerelle svuotate di significato.

Il campo, per quanto resti l’ultimo appiglio, non può bastare. Anche in caso di salvezza sportiva, l’estate si prospetta drammatica: tra debiti crescenti e scadenze da rispettare, l’iscrizione al prossimo campionato appare oggi come un traguardo quasi utopico. Senza una svolta concreta, l’incubo di una quarta ripartenza da zero in 32 anni non è solo un’ipotesi: è uno spettro che si fa sempre più reale. Il problema, però, non riguarda solo il calcio. Il problema è Messina. Una città in cui, dati alla mano, non sembrano esserci le condizioni per sostenere stabilmente il professionismo sportivo. Dove l’amministrazione comunale si è mossa in palese ritardo.

È il fallimento di una comunità, non solo di una società sportiva. Un epilogo amaro per i tifosi, gli unici ad aver sempre creduto, resistito e sperato. E oggi, anche per loro, il futuro fa davvero paura.

Sezione: Mondo Calcio / Data: Gio 17 aprile 2025 alle 17:32 / Fonte: Gazzetta del Sud
Autore: Redazione
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