Forza, grinta, determinazione: in tre parole Myriam Sylla, un nome che risuona sempre più forte nel mondo della pallavolo. La giocatrice della nazionale italiana che insieme alle compagne ha centrato la finale ai giochi olimpici di Parigi 2024, è nata a Palermo da genitori ivoriani.
Una storia difficile, fatta di povertà, sacrifici e impegno, che si è trasformata in una bella favola. Sylla negli anni ha saputo imporsi nel panorama sportivo internazionale grazie a un mix esplosivo di talento, determinazione e una forte identità culturale e da anni ormai è un punto di riferimento delle azzurre di Julio Velasco, di cui è stata per molto tempo capitano. Tutto parte da una notte in cui a Palermo c’era freddo e grandinava.
Il padre di Myriam, Abdoulaye Sylla, lasciò la Costa D’Avorio insieme al fratello negli anni ’90 per cercare fortuna in Italia. Ma a Bergamo non era tutto rose e fiori per come gli avevano detto. Il lavoro era duro e pagato poco. Abdoulaye mangiava alla Caritas e aveva grandi difficoltà ad affrontare il freddo e la neve del Nord Italia.
Quindi la decisione di trasferirsi al Sud. Arrivò a Palermo in uno degli inverni più freddi registrati in Sicilia. Una sera, mentre fuori grandinava, l’Ivoriano camminava su un marciapiede cercando riparo. Poi un clacson. Maria e Paolo, due coniugi palermitani, decisero di dare una mano al futuro papà di Sylla. Nei giorni successivi gli offrirono anche un lavoro da domestico, tanto che Abdoulaye potè far venire in Italia sua moglie Salimata.
Myriam, nata nel 1995, è cresciuta in un ambiente multietnico, che ha forgiato il suo carattere e la sua visione del mondo. Palermo, con la sua storia di incontri e scambi culturali, ha rappresentato per Sylla un terreno fertile per lo sviluppo di una forte consapevolezza identitaria. E nel pallone da pallavolo, la 29enne, ha trasformato tutto il suo vissuto, che è passato anche dalle strade del centro di Palermo, trovando una via di espressione e di riscatto.
Una carriera costellata di successi che parte prima dal trasferimento di tutta la famiglia a Lecco quando Sylla non era ancora neanche adolescente e successivamente dalla chiamata nel club professionistico dell’Orago. Poi Villa Cortese e il ritorno a Bergamo, dove il freddo non faceva più paura. E ancora gli scudetti, la chiamata in Nazionale, qualche dispiacere per un test antidoping interpretato male, e la consacrazione nella pallavolo che conta.
Grinta in campo e leadership naturale gli consentirono ben presto di diventare perfino capitano delle azzurre, fascia che adesso è della compagna Danesi.
Con l’Italia ha vinto medaglie d’oro e d’argento in competizioni internazionali, contribuendo a scrivere pagine importanti nella storia della pallavolo italiana, ma dietro a questi trionfi ci sono anni di sacrifici e duro lavoro. Myriam si è dovuta trasferire lontano da casa in giovane età per inseguire il suo sogno sportivo, affrontando sfide non solo fisiche ma anche psicologiche. Il distacco dalla famiglia, la pressione delle aspettative, e le difficoltà di essere una giovane donna nera in un contesto spesso ancora legato a stereotipi e pregiudizi, sono stati elementi che Sylla ha saputo trasformare in motivazione per migliorarsi continuamente. La morte della mamma, che viveva in Lussemburgo, è stata un’altra dura batosta. Ma Myriam non ha mollato, anzi, le parole delle madre, la sua prima tifosa anche in punto di morte, l’hanno spronata a fare anche meglio. Adesso la pallavolista palermitana è ad un passo da un sogno, conquistare il mitico oro della competizione sportiva più antica e più affascinante al mondo, quella delle Olimpiadi.
A Palermo è rimasta legatissima. Una città che le assomiglia: calda e passionale. Nel capoluogo siciliano Sylla è spesso tornata per riabbracciare Maria e Paolo, che ha sempre considerato i suoi nonni adottivi e per ritrovare un po’ i suoi ricordi da bambina. I suoi posti preferiti sono Mondello e Ballarò.
A prescindere da come andrà, la palermitana Myriam Sylla è molto più di una campionessa di pallavolo. È una donna che ha saputo trasformare le difficoltà in opportunità, e rappresenta un simbolo di forza, sacrificio e impegno. Una storia che meritava di essere raccontata, una favola che può centrare una medaglia. Meglio se dorata.
Autore: Redazione
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