Il Catanzaro, dopo la vittoria da sogno nel derby, è la squadra meridionale meglio piazzata in serie B, alle spalle delle corazzate milionarie Sassuolo, Pisa, Spezia e Cremonese, tutte del centronord. Il Catanzaro fa meglio del Bari, del Palermo e della Salernitana che vantano piazze e condizioni economiche e strutturali ben più consistenti del Capoluogo calabrese.
Mi pare evidente che dietro al miracolo sportivo, costruito in campo dal mister Fabio Caserta e dal capitano Pietro Iemmello, c’è un miracolo gestionale e organizzativo ancora più significativo che fa capo a Floriano Noto, ai suoi fratelli Derio e Gino e al giovane vice Luca Leone. E il tutto avviene in un panorama del calcio italiano caratterizzato da un fortissimo indebitamento dei club di A e di B e dalla crescente esigenza di immettere capitali stranieri nei bilanci balbettanti delle società professionistiche.
Per avere un’idea dell’impianto gestionale del Catanzaro, basato sulla concretezza e sulla sostenibilità, oltre che su generose “iniezioni” di denaro fresco da parte della famiglia Noto, occorre esaminare, con l’aiuto di qualche numero, i contesti economici in cui si muovono le altre “stelle del sud” che oggi arrancano dietro alle Aquile.
Bari, capoluogo della Puglia, ha 316.000 abitanti, quasi il quadruplo di Catanzaro, uno stadio omologato per 58.000 spettatori, un porto che movimenta due milioni di passeggeri all’anno, un’università che supera i 60.000 iscritti (contro i 12.000 dell’UMG), è sede di una fiera internazionale come quella del Levante.
Palermo, capitale della Sicilia, ha 626.000 abitanti, quasi otto volte in più di Catanzaro, uno stadio omologato per 37.000 spettatori, un porto che registra un notevole movimento di passeggeri e di merci nel Mediterraneo, un’università con oltre 40.000 iscritti, è sede della Fincantieri.
Salerno, città che da anni è ormai in competizione diretta con Napoli, ha 126.000 abitanti, quasi 50.000 in più di Catanzaro, uno stadio omologato per circa 30.000 spettatori, un porto commerciale e due porti turistici tra i più attivi, un’università con oltre 35.000 iscritti.
Il tessuto economico e l’impianto strutturale di Catanzaro – 83.000 abitanti, uno stadio per 13.000 spettatori, un’università con appena 12.000 iscritti e un piccolo porto incompleto – non può minimamente competere con quello delle altre “stelle del sud” che possono peraltro contare su una fitta rete di piccole e medie imprese.
Ebbene, queste tre capitali meridionali oggi esprimono tre club calcistici che stentano, nonostante massicci investimenti, a rientrare nel giro della serie A e che comunque devono guardare dal basso in alto l’Us Catanzaro di Floriano Noto. Si pensi che il Palermo ha investito nel parco giocatori 12 milioni di euro in estate a cui bisogna aggiungerne altri 5 per l’acquisto del finlandese Joel Pohjanpalo e il milione e mezzo di ingaggio per il prestito di Emil Audero. E fanno quasi 19 milioni di euro. Ma spendere tanto non significa spendere bene, come dimostra la classifica dei rosanero.
A otto giornate dalla conclusione, non possiamo ipotizzare quale sarà il responso finale della classifica, anche se le Aquile hanno tutte le carte in regola per disputare i playoff dalla quarta o dalla quinta posizione e quindi con potenziali chances di promozione. Non possiamo sapere come si classificheranno Palermo e Bari o se la Salernitana riuscirà ad evitare una incredibile retrocessione in C (sarebbe la seconda consecutiva).
Sappiamo solo che il Catanzaro, dopo alcuni decenni di purgatorio (o meglio dire inferno sui campi sperduti e polverosi delle serie inferiori), è diventato un club solido, ben organizzato, che programma strutture, capace di valorizzare al massimo i suoi atleti, arricchendone il valore sul mercato. Devo dire a tal proposito che il direttore sportivo Ciro Polito ha saputo fare bene il suo lavoro, scovando giovani come Bonini e Ilie che oggi rappresentano altrettanti assegni circolari.
Noto, che governa con il cervello ma anche con il cuore (come dimostra il suo rito propiziatorio dell’applauso ai ragazzi quando entrano in campo per il riscaldamento), sa bene di non essere alla guida di un club qualsiasi, perché il Catanzaro è un simbolo per migliaia di calabresi sparsi in ogni angolo d’Italia e del mondo. Su questo brand, romantico e affascinante, ha costruito una società che – come ho cercato di dimostrare con qualche esempio – riesce a competere anche con piazze ben più ricche e strutturate del Capoluogo calabrese. E onestamente non era facile.
Autore: Redazione
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