Incassata un’altra dolorosa e cocente eliminazione, la Nazionale del presidente federale Gravina e del ct Spalletti si prepara ora al cammino verso il Mondiale d’Oltreoceano, obiettivo adesso da conquistare vincendo il girone a cinque (con la Norvegia di Haland) e non più quello (più comodo) a quattro, perché l’uscita dalla Nations anche questo metteva in palio. Sfumato il sogno di portare l’Italia alle finals di Torino («sono convinto che ci vedremo a giugno qui a Torino…», così Gravina in un’intervista pubblicata nell’edizione di sabato de “La Stampa”) per materializzare il “sogno” più grande servirà arrivare primi per evitare, ancora una volta, la tagliola degli spareggi, che per la terza volta consecutiva potrebbero – ahinoi! – escludere Azzurra da un Mondiale. E così, mentre il ct Spalletti dovrà provare a trovare nuove energie e nuove idee per centrare l’obiettivo primario, al presidente federale (e presidente del Club Italia) Gabriele Gravina toccherà definire strategie, assetti e conduzione del sistema calcistico tricolore, evitando così di rifugiarsi (ancora) in velenosi (e lunari) alibi, del tipo, «il 67% dei giocatori in serie A non è italiano, il calendario è troppo fitto, non c’è la disponibilità di mettersi al servizio delle esigenze delle Nazionali», (così dopo l’Europeo 2024, copia in quasi facsimile alle dichiarazioni rese nel 2022 alla vigilia dei playoff, dichiarazioni nelle quali comparve anche il “tifo” dei gufi, leggi qui). Giovedì, intanto, nuovo consiglio federale: oltre al punto sul sistema di licenze nazionali (tema assai scottante) all’ordine del giorno c’è anche quello relativo ad alcune nomine…
Nonostante sia stato appena plebiscitariamente rieletto (poteva accadere il contrario, visto l’abile tessitura politica, considerato soprattutto il paradossale (non) cambiamento dei pesi elettorali – leggi qui – e rilevato anche il desolante deserto di proposte e profili alternativi?) sa bene che il fallimento della campagna d’America gli costerebbe il posto da presidente federale e pure, quello assai ben più munifico, di presidente del Club Italia: ricevuto il lasciapassare governativo, potrebbe ancora contare tra un anno sulla “benevolenza” delle forze di maggioranza? Per andare avanti, anzi, per andare a “vele spiegate” (è così che si intitolava il programma elettorale che il 3 febbraio l’ha visto trionfare con il 97% dei consensi, leggi qui) in America, dovrà dar corpo a tutte le promesse date, sebbene il fecondo orizzonte temporale che ha dato alla Nazionale l’abbia (già) fissato ancora più in là. «Posso fare un pronostico? Il Mondiale in agenda tra cinque anni sarà il nostro Mondiale», ha detto nell’intervista dello scorso fine settimana a “La Stampa”, intervista nel corso della quale ha anche ribadito come la Juventus «sia un modello, un punto di riferimento per infrastrutture, vivai, calcio femminile…».
A quale modello farà riferimento per “ristrutturare” il sistema calcistico tricolore non è (ancora) dato sapere. A quasi due mesi dall’elezione, niente ancora. A proposito di Nazionale e di nazionali, e a proposito di orizzonti, il presidente del Club Italia nel suo programma elettorale aveva però scritto così: “Creazione di un Innovation Hub della Figc che promuova a livello centrale l’ideazione e la realizzazione di progetti innovativi per il calcio italiano”. In attesa dell’Innovation Hub, e in attesa di capire cosa significhi, intanto gli tocca vestire i panni dell’(ex) onorevole Massimiliano Cencelli, il famoso ideatore del “Manuale Cencelli” che da quasi mezzo secolo accompagna la definizione di qualsiasi compagine governativa, l’inventore di quell’infernale meccanismo di spartizione di poltrone e incarichi in base al peso elettorale. «Inventai il manuale quasi per ridere, Andreotti mi salvò dal servizio militare, ho rimpianti della Prima Repubblica, incontravo De Gasperi dal calzolaio», ha detto il 2 febbraio scorso (un giorno prima delle rielezione di Gravina in Figc) in un’intervista a “La Stampa”.
Chissà se alla vigilia del plebiscito, Gravina avrà avuto il tempo di leggerla, di farsene un’idea, magari di “copiare” qualche spunto. Certo è che adesso, a due mesi dall’elezione, e dopo l’uscita dalla Nations, gli tocca calzare le scarpe e camminare, anzi correre. Gli toccherà pure mettere mano a nomine e incarichi, ridefinire la macchina sportivo-federale dopo aver già varato l’ennesimo cambio nell’ordine di servizio in via Allegri (leggi qui).
C’è un nuovo consiglio federale, ci sono nuovi consiglieri (praticamente tutti legati a doppio filo a lui, la già esigua “minoranza” non esiste più), ma ci sono “promesse” e impegni da mantenere e onorare, e ci sono “componenti” che aspettano di andare all’incasso. Ci sono spazi da riempire, e palpitano tensioni da sterilizzare.
All’Astoria Hotel, nel giorno della rielezione, mentre l’avvocato Viglione accoglieva all’ingresso Ceferin e Infantino – ingresso mai varcato dai “grandi assenti” Malagò e Abodi – mentre Giorgio Marchetti si intratteneva con l’ad della Lega serie A Luigi De Siervo, mentre Lotito si leccava ferite e i De Laurentiis (padre e figlio) salutavano con bacio Gravina, mentre Marani dal palco premeva sul tasto della sostenibilità passando da Seneca a Pasolini, mentre Bedin (presidente della Lega B) si teneva molto più pragmatico e Simonelli lasciava tradire l’emozione della sua “prima volta” da presidente della Lega A, mentre dal palco l’immarcescibile Abete celebrava con la solita cardinalizia solfa, si segnalavano alcune espressioni dimesse, tipo quella che traspariva dal volto di Umberto Calcagno (presidente Aic) e quella di Demetrio Albertini, presidente del Settore tecnico: a fare da contraltare, c’era però lo scatenato 84enne Renzo Uliveri, presidente dell’Aiac (il sindacato degli allenatori e dei preparatori, sindacato a cui è riconosciuto peso di componente elettorale così come avviene per l’Aic) e direttore (dal 2010) della Scuola allenatori federale di Coverciano. Calciatori e allenatori, ecco: sono due componenti fondamentali del gioco del calcio. E lo sono anche a livello “politico”. Almeno in Italia. E tra queste due componenti, specie negli ultimi tempi, non si registra una corresponsione di amori sensi…
Tra i motivi del contendere, ci sarebbe (anche) una poltrona. Quella cioè della presidenza del Settore Tecnico (così l’articolo 14 dello Statuto federale: “Il Settore Tecnico della Federazione Italiana Giuoco Calcio è un organo di sevizio della stessa FIGC, incaricato di svolgere attività di studio e di qualificazione per la diffusione ed il miglioramento della tecnica del giuoco del calcio”), settore dotato di autonomia organizzativa e scelte gestionali ma sotto il controllo amministrativo preventivo e consuntivo della Figc il cui presidente è nominato dal Consiglio Federale per un quadriennio, sulla base di un programma per obiettivi, su proposta del presidente federale e d’intesa con il presidente dell’associazione rappresentativa degli allenatori, cioè dell’Aiac. Ecco, qui c’è il primo nodo, e qui si dipana il principale snodo.
Dal 30 gennaio 2019 il presidente del Settore Tecnico (settore tecnico che negli anni è diventato sempre più fonte di introiti per la federazione: basti pensare alla crescita esponenziale del fatturato a sei zeri legato al rilascio delle varie abilitazioni, da quella di allenatore a quella di osservatore, passando per preparatore, direttore sportivo, responsabile settore giovanile etc. etc.) è Demetrio Albertini, riconfermato nel ruolo a giugno 2021 dopo la rielezione (la seconda) di Gravina: Albertini, pur avendo il patentino Uefa B da allenatore e pur essendosi diplomato come direttore sportivo nel luglio 2021, è pur sempre e sostanzialmente un grande (ex calciatore) ma soprattutto un ex (influente) dirigente dell’associazione calciatori (e sindacato a uso e consumo), cioè l’Aic. Nominato commissario straordinario Figc a giugno 2006 (allo scoppio di “Calciopoli”), rimase in carica fino a settembre, quando diede le dimissioni. Pochi mesi dopo però sarebbe rientrato in via Allegri, diventando vice-presidente dell’eletto Giancarlo Abete (attuale presidente dei Dilettanti), e venne riconfermato nel 2013: anche allora però restò in carica per pochi mesi, lasciò tutto perché stanco di un “calcio italiano che non fa riforme”. Candidatosi come presidente nel 2014, fu battuto però da Tavecchio. Nel 2019 Gravina lo “richiamò” affidandogli la presidenza del Settore Tecnico, un settore strategico per lo sviluppo del calcio, almeno sulla carta: in sella da sei anni, è in scadenza perché la nomina spetta al nuovo consiglio federale presieduto però dal solito presidente federale, quello cioè che lo aveva chiamato nel 2019 e riconfermato quattro anni dopo. Quale è stato il compito, e quali i risultati del Settore tecnico presieduto da Albertini, o meglio ancora quale è stato il programma e quali i punti centrati? Alle domande dovrebbe rispondere innanzitutto il presidente federale che è anche presidente del Club Italia. Gravina cioè, che però adesso è alle prese con uno spinoso problema. A chi dare l’incarico?
Per l’incarico, e per la poltrona – incarico e poltrona valgono una cifra (annuale) a cinque zeri, tanto percepisce il presidente del Settore tecnico – c’è la richiesta della componente allenatori, guidata da Renzo Ulivieri che dal 2006 (da 19 anni) è presidente Aiac (successe a Vicini) e dal 2010 (da 15 anni) direttore della scuola federale allenatori di Coverciano, scuola che “dipende” proprio dal Settore tecnico. Gli allenatori – e Renzo Ulivieri in testa – adesso rivendicano quel posto: in fondo lo statuto federale indica come la nomina al Settore tecnico avvenga d’intesa (sentito il parere?) con il sindacato allenatori.
“Demetrio, aspetta un attimo, fammi prima procedere con le nuove nomine”: così pare abbia più volte chiesto in questi giorni ad Albertini, il presidente Gravina. Sembra che l’ex campione del Milan volesse dare le dimissioni ma che sia stato frenato: sulla questione Gravina starebbe infatti (ancora) ragionando. Ulivieri, che nel suo sindacato ha dovuto “lottare” per essere rieletto (al terzo scrutinio è stato votato con l’85,5% dei voti, il quorum era fissato al 75%: si badi bene, era candidato unico eppure ha dovuto attendere il via libera solo al terzo scrutinio…). Da registrare l’ingresso di Valentina De Risi nel consiglio direttivo, oltre alle conferme come vice-presidenti di Camolese (rappresenta gli allenatori nel Fondo di fine carriera ed è docente ai corsi periferici per allenatori) in quota professionisti, di Vossi (è avvocato, e come tale difende in giudizio, davanti agli organi di giustizia federale, i tecnici deferiti, è poi docente ai corsi periferici, ed è consigliere di Aiac srl) per i Dilettanti e di Perondi (anche lui docente a Coverciano) per i preparatori: la rielezione di Ulivieri pare sia stata il frutto di una specie di compromesso. L’ex vice, Giancarlo Camolese, ambiva alla presidenza ma s’è fatto da parte, ottenendo però poi la poltrona di consigliere federale in quota Aiac, insieme a Silvia Citta: i due hanno preso il posto di Mario Beretta e Zoi Gloria Giatras (altra “pupilla” di Ulivieri). E così alcune strategiche decisioni del calcio italiano passano (ancora) dall’84enne Renzo Ulivieri: lo raccontano scatenato, nel corso dell’assemblea federale elettiva, mentre raccontano che non solo Albertini, ma anche il presidente dell’Aic Umberto Calcagno (il sindacato calciatori deve ancora assorbire la “botta” sul contratto Panini che ha tolto al sindacato oltre 6 milioni di euro, leggi qui) avessero toni tra il dimesso e il preoccupato. Gravina come si muoverà tra i due sindacati? Sfoglierà il manuale Cencelli per dare corpo al nuovo settore tecnico (i vice-presidenti sono al momento Ragonesi in quota Aiac, Zambrotta in quota Aic e Bosi in quota Figc, Bosi è anche il segretario e il vero deus ex machina del settore)?
Chissà, intanto ha preso corpo da giorni la candidatura di Mario Beretta come presidente del Settore Tecnico al posto di Demetrio Albertini. Per due volte consigliere federale, ha dovuto rinunciare al terzo mandato ma potrebbe “consolarsi” con questo prestigioso e lauto incarico. Ha il patentino di allenatore (a differenza di Albertini ha allenato in tutte le categorie, anche in serie A per anni), ha quello di direttore sportivo, è stato responsabile del settore giovanile del Cagliari e poi (per poco) coordinatore tecnico del settore giovanile del Milan e da anni è anche docente di riferimento di “tecnica e tattica calcistica” alla scuola allenatori di Coverciano diretta da Ulivieri. Toccherà a lui prendere il posto di Albertini nel nuovo Settore Tecnico che a giorni dovrà essere nominato dal consiglio federale, su proposta del presidente federale?
Nel consiglio direttivo del settore figurano, tra gli altri, il ct Spalletti, Viscidi (coordinatore delle nazionali giovanili), e Katia Senesi in quota Aia (ma è in uscita) e c’è anche Vito Roberto Tisci che è anche il presidente del “Settore giovanile e scolastico” della Figc (ruolo che sarebbe da rivedere alla luce del parere consultivo numero 2 rilasciato dalla Corte federale d’Appello ad agosto 2024). Il poliedrico profilo pugliese (è anche iscritto all’Ordine giornalisti, ha anche il patentino di direttore sportivo) è presidente del settore giovanile e scolastico dal 2014 (da 11 anni), pare voluto all’epoca da Tavecchio; è anche presidente del Comitato Lnd della Puglia: a settembre è stato eletto (la sua prima volta fu nel 2004) per la sesta volta consecutiva. Decisivo nel rovesciamento di Cosimo Sibilia qualche anno fa, qualche mese fa pare avesse anche accarezzato l’idea di candidarsi come presidente dei Dilettanti ma ha dovuto lasciare il passo ad Abete che si è ricandidato conquistando poi la vittoria senza dover fronteggiare alcun candidato (pare che nei Dilettanti siano però in aumento i mugugni). Tisci potrebbe, dopo undici anni, lasciare la presidenza del “Settore giovanile e scolastico”: per la sostituzione spira il nome di un ex campione del mondo, quello cioè del calabrese Simone Perrotta. Altro giro, altra corsa: da definire ci sarebbe, ad esempio, anche il nuovo assetto anche della Federcalcio servizi srl, la cassaforte della Figc: il presidente è Abete, il consigliere delegato Mauro Grimaldi e l’altro consigliere è Luca Perdomi, segretario nazionale (direttore generale) del sindacato allenatori. La parola d’ordine resta sempre la stessa: prima le poltrone, poi, magari, i programmi.
Autore: Redazione
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