Il Decreto Crescita é stata una norma ampiamente utilizzata dai club Prof, che hanno sfruttato la possibilità di risparmiare sui costi per l'ingaggio di chi decideva di risiedere in Italia per almeno due stagioni sportive. Ma il mondo del calcio Italia, in particolare quello minore, rischia di essere sconvolto dalla nuova legislazione sul vincolo sportivo

Le due principali novità introdotte dal D.lgs. 36/2021 sono l’istituzione della nuova figura del “lavoratore sportivo” e l’abolizione del vincolo sportivo.

Il vincolo sportivo può essere definito semplicemente come il legame di esclusiva che nasce dal tesseramento per una società che, di fatto, limita la libertà contrattuale dell’atleta. Giuridicamente parlando, altro non è che quel particolare vincolo che assume il giovane calciatore al momento del tesseramento per una squadra di calcio, sia essa associata alle leghe professionistiche o dilettantistiche. Per quanto riguarda le società professionistiche il vecchio art. 33 delle Noif disponeva che “i calciatori con la qualifica di giovani di serie (a partire, quindi, dal 14º anno di età) assumono un particolare vincolo, atto a permettere alla società di addestrarli e prepararli all’impiego nei campionati disputati dalla stessa, fino altermine della stagione sportiva che ha inizio nell’anno in cui il calciatore compie anagraficamente il 19º anno di età”.

Con l’abolizione del vincolo a partire dall’1 luglio 2023, nei professionisti il calciatore “giovane di serie” è vincolato con la società per la quale è tesserato per due stagioni sportive, se ha acquisito tale qualifica prima del compimento del 15º anno di età, ovvero, in tutti gli altri casi, per la sola
durata di una stagione sportiva, al termine delle quali è libero di diritto, salvo che abbia sottoscritto un contratto di apprendistato della
durata massima di tre anni. Detti contratti, ovviamente, sono onerosi e quindi rappresentano un costo per le società.
Risulta evidente che, abolendo il suddetto vincolo, le società sportive hanno subito un doppio danno: da una parte è venuto meno il “patrimonio” rappresentato dal parco giocatori “di proprietà”, che dai 14 anni in poi, col solo tesseramento, si legavano sino al 19º anno di età (e quindi è venuta meno anche la possibilità di monetizzare con la loro cessione); dall’altra, al contrario, il mantenimento dei giovani calciatori diventa un costo che va ad
aggiungersi a tutti gli altri oneri di gestione del settore giovanile, mentre prima era gratuito (per mantenerli “di proprietà” serve stipulare il contratto
di apprendistato o il contratto professionistico a partire dai 16 anni di età).

Sezione: Dall'Italia e dal Mondo / Data: Ven 01 marzo 2024 alle 17:16 / Fonte: tuttoreggina.it
Autore: Redazione / Twitter: @tuttopotenza
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