«Erogazione idrica sospesa». L’avviso inviato da Acquedotto Lucano arriva via Sms ai cittadini della Basilicata. Da mesi, le notifiche si ripetono quasi quotidianamente. La Regione sta vivendo una crisi idrica senza precedenti. Un paradosso per una terra storicamente ricca di acqua, di cui però non sorprendersi. Come in ogni situazione di emergenza, il problema è la mancanza di prevenzione. I fronti dimenticati sono almeno due: la manutenzione della rete idrica e l’adattamento al cambiamento climatico. 
Il riconoscimento dello stato di emergenza da parte del governo è arrivato il 21 ottobre 2024, ma è dalla fine di settembre che l’Acquedotto Lucano – ente pubblico che gestisce la rete – è costretto a razionare l’acqua: «Erogazione idrica sospesa dalle 18:30 alle 6:30 del mattino». I razionamenti, però, non sono bastati e la diga della Camastra, serbatoio d’acqua per centoquarantamila cittadini, si è prosciugata.

Il 30 ottobre, il Consiglio dei Ministri ha nominato commissario all’Emergenza Vito Bardi, governatore della Regione dal 2019, in lista Forza Italia. Riconfermato alle elezioni regionali di quest’anno, dopo una campagna elettorale scandita dalle promesse di elettricità e acqua gratis per tutti i lucani, il Commissario ha poi deciso di rendere potabile il fiume Basento. Così, da lunedì 25 novembre, dai rubinetti delle case del capoluogo e di altri ventotto Comuni esce l’acqua del fiume più lungo della Regione. 
È una decisione che non è piaciuta a diversi comitati cittadini, che hanno reagito alla misura con una serie di proteste e iniziative. In una petizione lanciata online si legge: «Il Basento è il principale corso d’acqua della Basilicata ed è già noto a molti per i suoi problemi di inquinamento». A riconoscere lo stato di degrado del Basento è lo stesso ministero dell’Ambiente, che ha inserito un tratto del fiume tra i quindici “siti di interesse nazionale”, ossia aree altamente inquinate che necessitano di interventi di bonifica del suolo, del sottosuolo e delle acque per evitare danni ambientali e sanitari.

A cercare di fare chiarezza sulla questione relativa all’uso potabile del fiume è Luca Lucentini, direttore per l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) del Centro nazionale sicurezza delle acque (Censia). «La premessa a qualsiasi discorso sullo sfruttamento delle acque è quella stabilita dalla normativa in materia: l’accesso all’acqua è il primo diritto da assicurare ai cittadini, subito dopo viene la sicurezza», dice a Linkiesta.  

Anche l’Acquedotto Lucano ha chiesto a Lucentini un parere in merito, che ha quindi ribadito quanto detto all’ente pubblico: «I dati di valutazione del Basento sono incompleti perché per valutare che tipo di trattamento operare per rendere potabile le acque, bisogna raccogliere misurazioni su un arco di tempo di almeno un anno». 

Dunque, per il fiume Basento, in mancanza di dati, si sta utilizzando il metodo previsto per i corsi d’acqua di categoria A3, il contesto con il peggiore scenario di inquinamento. Scelta preventiva che però non può essere considerata un punto di arrivo: «Andrebbero fatte ulteriori analisi – continua Lucentini – perché, prendiamo il caso dei Pfas, contaminanti recalcitranti, difficili da abbattere con gli impianti di potabilizzazione, sebbene nel Basento non sembrano essere presenti, li stiamo comunque valutando su dati parziali, che sono una sorta di fotografia istantanea dei livelli e del tipo di inquinamento».

Nel frattempo, come riportato dalla testata locale La nuova del Sud, i Carabinieri del comando provinciale di Potenza hanno avviato un’indagine e stanno procedendo all’acquisizione dei documenti riguardanti la crisi idrica e la sua gestione, con particolare attenzione alla decisione del Commissario all’emergenza di utilizzare le acque del Basento per continuare a garantire, a singhiozzo, l’erogazione idrica. 
Al netto delle responsabilità, i dati dell’Istat sono chiari: la Basilicata ha il più alto tasso di dispersione idrica in Italia. A causa di condutture vecchie e scarsa manutenzione, il 65,5 per cento dell’acqua destinata all’uso agricolo, domestico e industriale si perde. Settore industriale che in Regione riguarda quasi esclusivamente l’estrazione di idrocarburi. Sono diverse le compagnie petrolifere che sfruttano il sottosuolo lucano, tra i più ricchi di petrolio e gas in Europa. Lo fanno usando l’acqua della Regione, risorsa indispensabile all’estrazione di quei combustibili fossili, causa principale del riscaldamento globale. L’effetto è un clima più caldo e secco nella zona del Mediterraneo. 

In primavera, piogge e neve non sono bastate per riempire gli invasi della Basilicata. Così, senza misure di adattamento al cambiamento climatico, quando le reti idriche saranno sistemate, resteranno i dati inesorabili dell’Ipcc, il gruppo di scienziati e scienziate che per l’Onu si occupano di clima: con le politiche attuali, in Europa meridionale, le precipitazioni si ridurranno. E allora, non solo la Sicilia, ma anche la Basilicata, tanto ricca di corsi d’acqua da rappresentarli nello stemma, resterà a secco.

Sezione: La Voce della Basilicata / Data: Mer 04 dicembre 2024 alle 12:04 / Fonte: linkiesta.it
Autore: Redazione
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