L’acqua del Basento, «se tutte le analisi dovessero dare esito positivo per la sua potabilità», comincerà a sgorgare «lunedì mattina» dai rubinetti dei 29 comuni alle prese con prosciugamento dell’invaso del Camastra.
È questo l’annuncio arrivato, ieri, dalla riunione dell’unità di crisi presieduta dal presidente della Regione Vito Bardi, nominato commissario governativo per l’emergenza idrica. Dopo l’ultimazione dei lavori per deviare l’acqua del Basento nella vasca di raccolta realizzata ai piedi dell’invaso, il cosiddetto “Camastrino”, e l’esito degli esami dell’Agenzia regionale per l’ambiente della Basilicata (Arpab) su un secondo campione prelevato nel fiume mercoledì 13 novembre. Dopo quello prelevato mercoledì 6 novembre.Da via Verrastro hanno spiegato che «la tempistica dell’operazione – tra aspetti tecnici e campionamenti, ma soprattutto funzionale a garantire maggiori controlli – determina un periodo in cui la rete idrica sarà alimentata soltanto dai serbatoi».
Pertanto, per «garantire (…) l’erogazione dell’acqua nei giorni a venire ed evitare ulteriori disagi alla popolazione», e per «consentire le manovre tecniche finalizzate ad abilitare l’ulteriore fonte d’acqua, quella del fiume», sabato 23 e domenica 24 novembre, ci saranno ulteriori restrizioni nell’erogazione idrica rispetto a quelle, confermate anche per i prossimi giorni, dalle 18:30 alle 6:30.
«In particolare sabato – scrivono da via Verrastro – sarà disponibile acqua potabile dalle 7 alle 20 e domenica dalle 7 alle 15. Oggi, domani e venerdì, invece, sono previsti gli stessi orari, vale a dire dalle 18.30 alle 6.30».Dalla Regione hanno confermato che ieri le pompe sistemate nel punto di emungimento del Basento, tra Castelmezzano e Albano di Lucania, hanno iniziato a sollevare acqua per trasportarla, lungo le condotte sistemate accanto al fiume, nel cosiddetto Camastrino.
«In questa vasca delle acque di scolo, realizzata nell’invaso del Camastra, il flusso proveniente dal Basento sarà sottoposto domani mattina (oggi per chi legge, ndr) a un campionamento». Proseguono dall’ufficio stampa della giunta regionale. «Subito dopo i risultati delle analisi, l’acqua convoglierà nell’impianto di Masseria Romaniello per un processo di potabilizzazione della durata di circa 30 ore. Al termine del trattamento ci sarà un nuovo campionamento in seguito al quale occorreranno circa 48 ore per poter processare le analisi e verificare la potabilità. Solo allora l’acqua potrà essere immessa in rete per un uso potabile. Epilogo che gli ultimi campionamenti di Arpab e Acquedotto lucano danno per certo».
Dalla Regione, infatti, definiscono «rassicuranti» i dati disponibili. Perché: «le rilevazioni hanno riscontrato assenza di radioattività e valori sotto soglia ad eccezione di fosfati e tensioattivi (in calo rispetto al precedente esame) che, comunque, possono essere trattati e “abbattuti” dal potabilizzatore».
Durante la riunione dell’unità di crisi è intervenuto in video conferenza il professor Luca Lucentini, esperto in materia, direttore del Centro nazionale Sicurezza delle acque dell’Istituto superiore di Sanità, chiamato da Regione ed Acquedotto lucano «a dare ulteriore supporto tecnico».
Lucentini, stando sempre a quanto reso noto da via Verrastro: «si è soffermato sugli aspetti normativi in base ai quali è contemplato l’utilizzo per fini potabili di acque superficiali e, quindi, dei fiumi».
«Lucentini, che valuterà tutti i dati dei campionamenti, ha ricordato come l’approvvigionamento idrico di Firenze sia garantito dall’Arno e come la città di Roma abbia concepito un potabilizzatore per trattare l’acqua del Tevere in caso di necessità». Prosegue il resoconto della seduta. «Sulla frequenza dei campionamenti, Lucentini ha ritenuto esaustiva la soluzione che prevede rilievi quotidiani di Acquedotto lucano e settimanali di Arpab, evidenziando un’elevata qualità del potabilizzatore di Masseria Romaniello».
Sulla qualità dell’acqua del Basento ieri nella riunione dell’unità di crisi è intervenuto anche il professor Salvatore Masi, docente di Ingegneria ambientale dell’Università degli studi di Basilicata, chiamato come referente dell’ateneo lucano a dare il suo contributo al Tavolo tecnico dell’unità di crisi.
Dalla Regione hanno sottolineato le parole di Masi sui timori per lo scarico nel fiume del depuratore di Potenza «al cui interno soltanto meno dell’1% ha una provenienza strettamente industriale».
«E’ un depuratore civile – ha spiegato il professore – che nasce per esigenze superiori alla popolazione residente, con una potenzialità tarata su 200mila abitanti e tre vasche in grado di assicurare una continuità di intervento anche in casi di emergenza».
Quanto alle segnalazioni di fitofarmaci, Masi ha spiegato che dalla traversa ai piedi del Camastra alle sorgenti non ha visto «una sola canaletta di irrigazione, colture e piantagioni».
«I fitofarmaci – ha detto – seguono l’andamento dell’irrigazione. I nostri terreni sono seminativi aridi che hanno visto l’ultimo trattamento fitosanitario tra febbraio e marzo dello scorso anno».
Altro tema affrontato dal professore, la contaminazione da trielina nella falda sotto l’area industriale di Tito Scalo. Sul punto Masi ha ricordato «che c’è una barriera idraulica in grado di filtrare l’acqua che proviene da quell’area che, tra l’altro, è sottoposta da anni a continui monitoraggi».
Il professore ha poi evidenziato «che il potabilizzatore di Potenza è un impianto efficiente ed è oggetto anche di studi e ricerche da parte dell’ateneo». Infine ha segnalato «che anche l’acqua delle sorgenti, come quella proveniente da Fossa Cupa, che nel comune sentire in città è l’emblema della purezza, deve essere comunque sottoposta a processo di potabilizzazione per poter essere erogata».
Autore: Redazione
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