Oggi a Bari nella bella cornice del "San Nicola" va rimarcata e raccontata ancora una volta la storia e la favola di Antonino Isgrò attaccante del Potenza che partendo dal "basso" è arrivato nel calcio che conta. Panettiere, cameriere al ristorante, impiegato in un negozio di telefonia. Di giorno al lavoro, la sera all’allenamento. Per anni la vita di Antonio Isgrò è corsa veloce tra pallone, comande e cellulari da proporre ai clienti. Poi, a 33, la svolta, racchiusa nella voce amica di Giuseppe Raffaele, l’allenatore a cui deve la carriera. Dall’eccellenza alla Serie C, per toccare il professionismo e capire di poterci stare. Universi lontanissimi, un paio di mesi per attraversarli. “Mi ha chiamato, chiedendomi di raggiungerlo a Potenza”, racconta l’attaccante in esclusiva a Gianlucadimarzio.com. Tra loro c’è un legame antico: “Mi vuole bene, ma non lo dice. Non fa parte del suo carattere. E’ un tipo particolare: se non mi stimasse, non mi avrebbe cercato”.
Con lui, in Basilicata, lo voleva già l’anno scorso: “Mi telefonò a dicembre, quando io ero a Corigliano Calabro, proponendomi di seguirlo. La squadra, però, era costruita per vincere, così non mi mandarono e rimandammo ogni discorso all’estate. Puntuale alla fine del campionato si è ripresentato e, adesso, eccomi qui”. La Serie C è un sogno da cui non si sveglierebbe mai: “Guardo dov’ero ad aprile e la realtà di oggi. La mia vita è cambiata radicalmente, si è capovolta. Quando sono entrato nello spogliatoio la prima volta, mi domandavo se fosse vero quanto mi stesse accadendo, se avessi saputo essere all’altezza della situazione”.
La risposta l’ha data il campo: 15 presenze, due gol e un posto fisso nell’undici titolare. “E’ un vortice continuo di emozioni, dall’esordio con la Casertana, alla rete col Catania. Qualcosa d’incredibile. Ho segnato e sono corso sotto la tribuna per incrociare gli occhi di mio figlio. Il mio pensiero è andato immediatamente a lui”. A dieci anni è grande abbastanza per ricordare tutti i sacrifici di papà: “In Promozione, in Eccellenza, non ci sono contratti veri, ma solo rimborsi spese e chiaramente non bastano a mantenere una famiglia, così ho fatto un sacco di mestieri pur di sbarcare il lunario. Senza mia moglie, mio fratello e i miei genitori probabilmente avrei smesso. Capitava mi svegliassi e mi domandassi il senso di tutto ciò”.
La polvere diventa medaglia, risplende sul petto di Antonio, ora che la classifica recita secondo posto: “La fatica non mi spaventa. Sono qui e alla mia età è un privilegio, ma so di essermelo meritato, perciò cerco di godermi ogni istante. Allenamenti, partite, do il massimo e non ho nulla da perdere. Certo l’appetito vien mangiando e l’ambizione deve essere sempre alzare l’asticella”.
Cuffiette all’orecchio, Isgrò scruta l'orizzonte: “Tutto va come deve andare. Quel brano degli 883 è un po’ il mio motto”. La cantava anche al Mazzarà Sant’Adrea, in Promozione: allora, giovanissimo stava per rinunciare al pallone. “Non volevano liberarmi e fino ai 25 anni avevano la proprietà del cartellino. Era il 2009 e, contemporaneamente, il Milazzo, con Lo Monaco presidente, dalla Promozione sarebbe arrivato in Serie C”.
La chance della vita diventa preso un incubo: “Scalavano le categorie e d’estate bussavano alla porta della società, ricevendo sistematicamente picche. Io sarei corso da loro, anche perché a Milazzo sono nato, ma non c’era verso di farli desistere”. Quando diventai grande abbastanza per andare via, l’occasione era sfumata: “Sono finito all’Igea Virtus, sempre in Promozione. Il morale era basso, proprio lì, però, incontrai mister Raffaele”.
Inizia un'altra storia: “Vincemmo diversi campionati e nel 2016 eravamo in Serie D. Chiudemmo al quarto posto, ma fino a dicembre eravamo in testa. A casa della Sicula Leonzio che, poi avrebbe conquistato la promozione, ci imponemmo per 4-0. Esonerano l’allenatore, presero Ciccio Cozza e polverizzarono ogni record”.
Con Isgrò e Raffaele, oggi come ieri, c’è anche Sebastiano Longo: “Ciò conferma quanto fosse valida quella rosa. Sebi è il mio coinquilino ed è stato bello ritrovarsi a Potenza”. Certo il clima è differente: “Non dirlo a me, fa freddissimo. Ci sono tre gradi e dicono che la temperatura scenderà ancora”. Gente di mare. Antonio ride e cucina: “Ai fornelli mi diverto tantissimo. Sperimento, mi sbizzarrisco e creo. Se proprio devo dirti un desiderio, un giorno vorrei aprire un ristorante tutto mio”. Reminiscenze di un passato in sala, piedi per terra e animo gentile: ecco servita la ricetta per non smettere di sognare.
Autore: Redazione TuttoPotenza / Twitter: @tuttopotenza
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