Piero Braglia allenatore del Campobasso club molisano che milita in Serie C nel Girone B.Se ne parla, se ne scrive. Non solo per le sue doti professionali, che nessuno può mettere in discussione, ma anche – e soprattutto – per quel suo “caratteraccio” che lo ha reso famoso in ogni piazza dove ha messo piede.

Ma dietro l’apparente scorza dura e sfrontata, Braglia è molto più di un allenatore: è un leader, un uomo che ha fatto la storia del calcio, un personaggio che trasuda esperienza e grandezza. E a 69 anni, con il fuoco che gli brucia dentro, Braglia è il simbolo della passione vera.

Sì, perché al di là della sua maschera burbera, fatta di sguardi torvi e battute taglienti, c’è un’anima autentica. Questo signore col capello bianco e lo sguardo arrabbiato sotto gli occhiali, non è un semplice tecnico distaccato, uno di quelli che osservano il campo senza metterci il cuore. Al contrario, è visceralmente legato ai suoi giocatori e alla maglia che indossano.
È un uomo che vive il calcio con ogni fibra del suo corpo, come un giovane alla prima esperienza.

La sua toscanità verace, condita da quell’ironia pungente, potrebbe trarre in inganno chi lo conosce solo superficialmente. Potrebbe sembrare freddo, distaccato, qualcuno che tiene i sentimenti fuori dal gioco. E invece no. Tutta finzione. Chi ha il privilegio di lavorare al suo fianco sa bene che dietro quelle urla, quelle scenate furibonde e quella voce che esplode come un temporale, si nasconde un amore puro per il calcio e per i suoi ragazzi.

Per Campobasso, una piazza calda e passionale, Braglia è stato una ventata d’aria fresca. “In zone calde come queste, anche chi è davvero freddo non riesce a non scaldarsi”, ripete spesso, quasi a sottolineare come il fervore della città abbia contagiato anche lui, già di per sé un vulcano pronto a eruttare.

Ogni allenamento con Braglia è una prova di forza. Ogni partita è una battaglia senza sconti. Perché lui è così: esige il massimo, sempre e comunque. Non accetta la mediocrità, non tollera chi si accontenta. I suoi ragazzi devono essere affamati, pronti a lottare fino all’ultimo minuto. Ma c’è anche un altro lato di Piero Braglia, un lato che in pochi conoscono: quello del “padre” affettuoso che, dopo ogni strigliata, è sempre pronto a confortare, a mettere una mano sulla spalla nel momento giusto. È quel gesto di umanità che lo rende speciale, quell’equilibrio tra rigore e affetto che trasforma i suoi giocatori in una vera famiglia.È un po’ un simbolo di rinascita, il segno tangibile di una nuova era per Campobasso, una città che attendeva un condottiero che senza fronzoli e smancerie (false) riportasse il Lupo in alto e con autorevolezza. La sua “follia”, quella sua energia inesauribile e sferzante, è proprio ciò di cui questa squadra è questa città avevano bisogno per credere di nuovo nel futuro.
Piero Braglia, il bischero toscano che Campobasso aspettava.

Sezione: Primo Piano / Data: Lun 02 settembre 2024 alle 17:16 / Fonte: primonumero.it
Autore: Redazione
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