"Ho bisogno di confrontarmi, di prepararmi, di sbagliare: parto sempre dal basso per poi capire su cosa lavorare, dove voglio arrivare e che cosa devo fare per migliorarmi”. Mentre parla di calcio e illustra la sua filosofia Antonio Nocerino è un fiume in piena, pensa a crescita e miglioramenti prima ancora che a obiettivi, e lo fa con tante idee ma soprattutto con un’energia tracimante.
Dopo una lunga carriera trascorsa a sgomitare in mezzo ai campi di Serie A (Palermo, Juventus e Milan tra le altre) con esperienze estere a fine carriera (West Ham e Orlando City), l’ex centrocampista napoletano ha intrapreso la carriera da allenatore. Tecnico dell’Under 15 dell’Orlando City dal 2020 al 2022, una stagione nella Primavera del Potenza e ora la prima esperienza da head coach, al Miami FC, in Usl (seconda serie del calcio statunitense), società fondata nel 2015 da Riccardo Silva (da poco entrato tra gli azionisti del Milan) e Paolo Maldini. “Siamo nel pieno della preparazione atletica, stiamo trovando brillantezza”, ha spiegato al Foglio Sportivo a poche settimane dall’esordio in campionato. “Abbiamo portato (nello staff, oltre a Nocerino, ci sono un secondo e un preparatore atletico italiani, ndr) la tipica preparazione europea: lavoriamo molto col pallone, sudiamo tanto”. Non solo metodo, però: sono arrivati in Florida tre calciatori italiani pescati dalle serie minori (Botta, Genzano e Gagliardi, più il portiere Ndiaye, senegalese ma di formazione italiana). “L’idea era quella di europeizzare, cercando di trasportare un po’ di abitudini di allenamento, fatica e sacrificio, assieme a quel sentimento per cui vincere o perdere non è la stessa cosa. Abbiamo cercato soprattutto giocatori che avevano già approcciato campionati europei”. Una squadra giovane (“Abbiamo un progetto fresco e brillante, come piace a me” dice Nocerino), con l’obiettivo di “competere e cambiare la mentalità, portando un po’ di ciò che siamo noi”.
Un percorso che passa anche attraverso la proposta di gioco. “Mi piace dominare il gioco: chi ha la palla deve avere più soluzioni. Non mi piace stare tanto senza palla: quando la perdiamo siamo aggressivi. Poi l’interpretazione dipende anche dalle caratteristiche dei singoli”. Nocerino lavora molto sui fondamentali. “Curo tanto la postura del corpo e dei piedi: lavoro su come correre e perché correre in quel modo”. Con i giocatori il rapporto è “molto diretto, onesto. Parlo in maniera differente a seconda di chi ho di fronte, perché ognuno ha il suo carattere, ma le regole di fondo sono le stesse. Devono capire che decido io, ma apprezzo quando si prendono le responsabilità, e mi piace molto parlarci, perché offrono idee”.
Nocerino, che vive già da diversi anni in Florida, arriva a Miami forte dell’esperienza del Corso Uefa Pro, concluso pochi mesi fa. Tesi su “L’evoluzione del ruolo dell’allenatore” (“Oggi ha molte più nozioni e tanti collaboratori, ma deve saper comunicare bene a squadra e staff”), una classe d’eccezione (De Rossi, Palladino e Barzagli tra i tanti compagni) con cui “abbiamo una chat nella quale ci confrontiamo” e tante lezioni che hanno lasciato il segno: “Benitez ci ha dato una prospettiva manageriale a 360 gradi, Bielsa è un maniacale. Abbiamo avuto anche tanti professori di psicologia e comunicazione, che ci hanno spiegato il valore della gestione delle risorse umane: per me sono la cosa più importante. Se uno è circondato da persone serie e per bene, si crea un ambiente familiare dove è più facile lavorare”. Il contesto calcistico statunitense è ideale per crescere anche come tecnico. “Negli ultimi anni sono cresciuti tanto e possono ancora fare tantissimo: hanno strutture e potenza economica. Non a caso si sono presi Coppa America, Mondiali per club e per Nazionali: se la Coppa del Mondo iniziasse domani loro sarebbero già pronti, perché hanno tutti gli stadi e i centri sportivi, gli spazi sono enormi ed è tutto di primissima qualità”.
Nocerino insiste sul tasto della competizione per spiegare le differenze culturali, in una piramide calcistica nella quale non esistono promozioni e retrocessioni. “In Europa i 3 punti pesano, qui è diverso: se arrivi nono fai comunque i play-off. Loro hanno una generazione dall’enorme potenziale, ma ci mettono un po’ di più ad arrivare. Potrebbero migliorare tanto con le Academies, creando tornei per far competere i giocatori e portarli in prima squadra con una mentalità completamente diversa, più pronti per il salto, che sia in Mls o in Europa”. Il lavoro con i giovani, condotto tra States e Italia, ha formato Nocerino. “Qui sono prima di tutto atleti, che è la direzione che sta prendendo il calcio, uno sport sempre più veloce e fisico. Devono migliorare nelle conoscenze, ma ci stanno lavorando, con tecnici provenienti da tanti Paesi diversi. In Italia il problema sono gli allenatori: pensano più al loro curriculum che alla formazione del ragazzo. La crescita del giocatore dev’essere la priorità assoluta, per far arrivare un calciatore pronto tra i grandi. Tutto questo, alla fine, lo pagano sempre i ragazzi”.
Quando gli si chiede se ha obiettivi specifici per il futuro, è perentorio: “Alleno per migliorare i giocatori, per aiutarli, non perché voglio fare carriera: quello viene di conseguenza. Se i giocatori fanno bene, guarderanno anche me. Non punto ad arrivare da qualche parte, ma a crescere: per questo sono partito dal basso, altrimenti avrei scelto una prima squadra per partire. Il mio percorso non andrà dietro ai risultati, lo deciderò io”. Alle spalle una società con un’impostazione solida ed esperta (il Ceo del Miami FC, Michael Williamson, è stato a lungo dirigente dell’Inter). “È perfetta perché c’è tanta fiducia e ci sono le condizioni ideali per lavorare, si cresce tutti insieme. C’è rispetto dei ruoli: io sono abituato a lavorare in maniera molto professionale e seria, perché la mia carriera me la sono costruita così”. Mattone dopo mattone, Nocerino sta percorrendo la sua strada. Senza fretta ma senza pausa.
Autore: Redazione / Twitter: @tuttopotenza
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